Dall’interland milanese, la heavy metal band Slabber si presenta con il debut album intitolato “Colostrum“.
Gli Slabber, formatisi nel 2015 a Milano, dimostrano di avere idee chiare e precise da sviluppare musicalmente. Con le 11 tracce di “Colostrum” si presentano in un panorama musicale spesso giudicato saturo, ma che, in realtà, non aspetta altro che nuove leve pronte a imbracciare il vessillo dell’heavy metal, personalizzato, ma comunque rispettoso del passato. Bastano solo 38 minuti per capire che questi ragazzi hanno tutte le carte in regola per avviarsi su un cammino ricco di soddisfazioni e di sorprese, che non vediamo l’ora di scoprire assieme a loro.
A partire dalla opener “Vagito“, che ci accoglie in questo viaggio con il pianto di un bambino e un giro di chitarra pulita, ci troviamo, in “Riot Day” in un’atmosfera acida, costituita da un riff pieno e cattivo, sostenuto da ritmiche aggressive e decise.
La voce, potente, spinge in un range vocale alto e perfettamente equilibrato, portandoci verso un ritornello semplice, ma di impatto. Il chorus si dispiega trasformandosi, alla sua comparsa, in uno spartiacque che conduce allo special. Dopo una prima sessione più ritmata e aggressiva, si apre un solo che si evolve man mano riportandoci al tema del ritornello, che compare per l’ultima volta prima di lasciare il posto a una variazione con la quale si conclude il pezzo.
“Blood in the Nation” si presenta con un cattivissimo riff iniziale che si apre in una sfuriata di pelli, diretta verso la strofa. La voce, più aggressiva e sporca al punto giusto, si lascia andare ad acuti sensazionali nel ritornello e, dopo uno stacco denso e deciso, tornano in scena tutti gli elementi per giungere a un bel solo di chitarra energico e coinvolgente. Si apre nuovamente il bridge che riporta al ritornello e, dopo una ripresa del tema del post-chorus, il brano si chiude.
Con “Dust” lasciate scorrere l’impressione di essere alle porte di una ballad: quel giro malinconico e drammatico di pianoforte iniziale apre un pezzo che non tarda a togliersi la maschera, per diventare un concentrato di potenza e aggressività. La strofa presenta una voce sporca e aggressiva su una base strumentale meno serrata rispetto alle tracce precedenti, ma perfettamente equilibrata rispetto alla situazione. Dopo il cattivissimo ritornello si apre nuovamente la strofa, nella quale è possibile notare una presenza più marcata della tastiera. Un crescendo porta al bellissimo solo di chitarra, tecnico e ricco di groove al punto giusto. Dopo il ritornello finale, si apre una variazione del tema principale che porta alla conclusione del brano, sulla quale echeggia un “Dust!” conclusivo.
L’inframezzo “Black Skin“, che, grazie alla tastiera e alla voce in grado di trasmettere splendide emozioni crea un’ambientazione onirica e sfumata, ci porta a “Unmoved“. Con un tema più cupo e un’intensità del tutto particolare, il pezzo è permeato di una vena aggressiva che risulta essere quasi tangibile.
Il successivo brano, “Hybrid“, è una sessione strumentale nella quale si alternano soli di sei corde e soli di tastiera: distorta e particolare, la traccia incuriosisce, lasciando, sul finale, in una diabolica condizione di sospensione. Con “Violent Man” torniamo sui toni più classici dell’heavy e possiamo notare una vena più cupa rispetto alla prima parte dell’album. Molto interessante è il riff di apertura di “Connection to Nowhere“, protagonista di un cambio di registro netto nella strofa che si increspa, assumendo un’espressione più corrosa e aggressiva.
“Lacking Light“, cattiva e intensa, vede il suo picco massimo nel bel solo di chitarra: il pezzo è caratterizzato dalle ritmiche molto curate e cadenzate, che rendono la situazione intensa al punto giusto.
“Colostrum” si chiude con “Killer Worm“, che ci dà il benvenuto con una voce distorta dai fumi dei bagordi o della follia, per poi aprirsi in maniera violenta ed esplosiva. Con un ritornello perfetto e decisamente coinvolgente, il tutto prosegue portandoci a uno splendido dispiego di sei corde che prepara alla situazione finale. A salutarci, il vagito di un bambino.
AMS Italia