Sulla copertina barocca e luccicante del nuovo album rap targato GE World e DR. Peter se ne sta, sornione, un piccione con l’aureola. Portatore di messaggi salvifici, o di pestilenze, l’ambiguo volatile sintetizza come meglio non potrebbe la natura di un EP scoppiettante e concettualmente intenso.
Estrema musicalità unita a una ricchezza di citazioni e rimandi: il disco parla ad un pubblico trasversale. Si può scegliere se pomparlo nelle casse di una macchina o se ascoltarlo in silenzio, per coglierne le mille sfumature.
Sette tracce, sette epistole: GE World, al secolo Gianpaolo Evangelista, e Riccardo Petracca, studente di musica elettronica al conservatorio A. Casella dell’Aquila, sono discepoli eretici delle sonorità rap americane. Il sound tipicamente old school di alcuni pezzi dialoga senza forzature con sonorità funk, bossa nova, disco, fino a sfociare nel trap contemporaneo. I campioni, nella maggioranza dei brani, diventano lo sfondo “ambientale” di arrangiamenti originali. Synth e pianoforte sono i protagonisti delle strumentali, ma c’è spazio anche per brass, chitarra e sax; ad arricchire alcuni brani il basso di Andrea Maceroni.
Il piccione ci mette in guardia: non ingannino l’oro delle grafiche (a cura di Alessio Fulvi) e i ritmi tamarri: Epistole è la rivincita sul malessere individuale e sulla malattia, è sofferenza che si sublima nella potenza delle rime. “Indugi a capire, la vita ci induce a capire le mire espansionistiche di arrivisti senza cuore né dischi spinali, senza valore nei dischi stampati”: versi come questo non sarebbero mai nati senza il problema alle vertebre che affligge tuttora il cantante.
Il flow di GE World scorre egregiamente sui raffinati tessuti musicali di DR. Peter. Apre il disco un sound spiccatamente old school, con il brano autocelebrativo “Letsgetiton”. Segue “Corniola”, pezzo che racconta la fine di una relazione attraverso un anello di corniola, pietra rossastra usata in tempi antichi come amuleto contro calamità naturali e terremoti. “Diadora” è invece un delicato storytelling sul tema del bullismo: un paio di scarpe buttate su un parapetto rammentano a un fratello maggiore le conseguenze dell’indifferenza.
La tagliente voce femminile di Sorath (Sara Terrosu) dialoga con GE World in “Senza il mantello”: la passione dei fumetti si intreccia con il bisogno di essere salvati da qualcuno quando la vita ci travolge. Ma la climax ascendente dei versi viene bruscamente interrotta dalla deflagrazione apocalittica di una sirena, omaggio alla musica concreta della prima metà del Novecento. La quarta traccia scardina l’impostazione iniziale e ci traghetta verso atmosfere anni ‘80: “Yeah Yo”, che descrive con ironia l’approccio maldestro con una ragazza, è la riscoperta del cantautore italiano Pino D’Angiò, tra rap, disco e bossa.
Le rime velenose di “Epistola”, traccia che dà il nome all’album, sono un’invettiva contro gli arrivisti del rap, coloro che hanno venduto le loro parole per qualche ascolto in radio.
La bonus track “Caro amore”, potente e raffinato pezzo trap, ci accompagna alla fine del disco: “Pure se li ho tenuti nelle dita, non dipingo bene i fiori come chi sa mantenerli in vita, trattandoli meglio di me”.
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