Dopo le sperimentazioni elektronische di “Stati emozionali” (lanciato in anteprima esclusiva sul magazine internazionale It’s Psychedelic Baby e trasmesso all’interno della trasmissione Battiti su Rai Radio 3), torna SOLO con un nuovo singolo che, dagli anni ’50 del precedente lavoro, lo trasporta verso la psichedelia 60’s: “Don’t shoot the piano player (it’s all in your head)”.
«Sono sempre stato un fan della psichedelia della seconda metà degli anni ’60, principalmente anglosassone: quei suoni e quelle atmosfere fuori dagli schemi mi hanno sempre affascinato. È stato del tutto naturale, quindi, scrivere un brano ispirandomi a quelle sonorità, implementando il “fattore psichedelia” aggiungendo una spazializzazione di tipo binaurale, in modo che i suoni non passassero solo da destra a sinistra (e viceversa) ma avvolgessero totalmente l’ascoltatore».
“DON’T SHOOT THE PIANO PLAYER” su Spotify:
https://open.spotify.com/ track/0JCXRSPAQnxxsz7jYtjU4D? si=ed66344cca2e4f2c
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Le fonti di ispirazione per la stesura di “Don’t shoot the piano player (it’s all in your head)” sono da ricercare tanto nei Beatles di “Revolver” quanto nei Pink Floyd di “The Piper at the Gates of Dawn”, fino ai Rolling Stones della svolta psichedelica.
«La prima band a cui ho pensato, quando ho scritto “Don’t shoot the piano player (it’s all in your head)” sono stati, di sicuro, i Rolling Stones di “Their Satanic Majesties Request”, album che adoro e che, in adolescenza, ho consumato: per me il punto più alto della loro carriera, checché ne dicano i detrattori. Man mano, ho iniziato a inserire sempre più elementi psichedelici che hanno, poi, portato il lavoro verso una direzione più vicina al marasma sonoro di “Tomorrow never knows” dei Beatles, anche se la fonte di ispirazione iniziale, per quanto riguarda questo lavoro di effettistica, sono stati i tremolo sparsi all’interno del brano “Mangiafuoco”, di Edoardo Bennato».
“Don’t shoot the piano player (it’s all in your head)” prende spunto da un immaginario surreale dove, ai suoni classici, si sovrappongono effetti sonori che destabilizzano l’ascoltatore, proiettandolo in un mondo psicotico:
«A differenza di “Tomorrow never knows”, dove i suoni utilizzati dai Beatles erano dei campioni preregistrati, modificati per l’occasione, in “Don’t shoot the piano player (it’s all in your head)” ho voluto mantenere un approccio più “live”: tutti i suoni presenti nel brano sono, infatti, registrati a partire da una chitarra. Mi sono divertito a ricreare suoni peculiari, tutti diversi fra loro, utilizzando l’EBow e tutta una serie di effetti a pedale che vanno dai synth al Whammy, dai phaser al delay (mandandolo in autoscillazione), wha wha e via dicendo, utilizzandoli in maniera non necessariamente canonica, dando vita a un marasma di deliri acustici».
Il brano è totalmente registrato da SOLO, con l’ausilio di Edoardo Di Vietri dell’Hexagonlab Recording Studio per l’inserto di pianoforte, mixing e mastering:
«Oltre a voce, chitarre e basso, anche le percussioni le ho registrate da solo, in maniera alquanto peculiare, utilizzando bicchieri (l’idea l’ho rubata da “Sing this all together” dei Rolling Stones), pentole, cucchiai, scarponi e altri oggetti che mi dessero un suono percussivo. Il pianoforte, invece, è stato inserito da Edoardo Di Vietri, con cui avevo già collaborato sia con la mia band, la The Bordello Rock ‘n’ Roll Band, che su “Stati emozionali”: lui si è occupato anche di mix e mastering».
«Oltre a voce, chitarre e basso, anche le percussioni le ho registrate da solo, in maniera alquanto peculiare, utilizzando bicchieri (l’idea l’ho rubata da “Sing this all together” dei Rolling Stones), pentole, cucchiai, scarponi e altri oggetti che mi dessero un suono percussivo. Il pianoforte, invece, è stato inserito da Edoardo Di Vietri, con cui avevo già collaborato sia con la mia band, la The Bordello Rock ‘n’ Roll Band, che su “Stati emozionali”: lui si è occupato anche di mix e mastering».
La grafica che accompagna “Don’t shoot the piano player (it’s all in your head)” è a cura di Maria Dori Calabrese, affiancata da Raffaela Ruocco per la parte digitale.
LINK
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